Giuseppe Marcucci è un maestro nella costruzione di navi e barche in scala. Lavora su documentazioni storiche. Il suo capolavoro è il modello della nave Victory di Nelson.
di Enzo CecchiniGiuseppe Marcucci, 52 anni, cattolichino verace, delle casette, disegnatore di arredamenti bar per professione, ha un grande hobby (ma è riduttivo), la chiamerei ‘la grande passione”: costruisce navi e barche in miniatura (in scala per la precisione).
Non è un semplice passatempo per ragazzini o per qualche anziano nostalgico marinaio; Ci vuole grande professionalità, rigore tecnico e filologico. Marcucci, praticamente conosce tutto sul mondo della marineria, tutto viene ricostruito nella massima scientificità… quasi maniacale.
E sì, perchè, la sfida è quella della riproduzione in scala di tutto, dico tutto, della nave vera. E allora giù, a capofitto, nella ricerca di testi, di documetazioni, anche in altre lingue, come nel caso della “sua” Victory. “Sono circa 40 anni – dice Giuseppe Marcucci – che mi diverto in questo modo e ancora non mi sono stancato.
Per i primi 20-25 anni ho preso questo passatempo come un gioco. A me piace lavorare manualmente e allora inchiodo, taglio, carteggio … Poi ho pensato che quello che facevo io in miniatura altri lo stavano facendo nella realtà. Che lo facevano anche uomini nei secoli passati,in tutti i continenti. Costruendo navi barche, piroghe… per pescare, commerciare, guerreggiare, viaggiare…insomma la storia dell’umanità”.
Giuseppe mi parla dei polinesiani di Bora-Bora, dei fenici, delle Colonne D’Ercole, dei Vichinghi, Erik il Rosso, Colombo, Caboto,Cook. Mi avvolge come un uragano nella storia, nel mito,nel fascino evocativo di una curiosità che di fanciullesco ha solo la freschezza e la vivacità, ma che è ben sorretta da una conscenza storica e tecnica molto profonda. “Dai disegni che reperivo sul mercato modellistico – continua Giuseppe Marcucci – sono passato ai disegni di cantiere o d’arsenale, ai libri di ricostruzione storica di barche specifiche. La maggior parte della mia documentazione proviene dall’estero: Francia, Inghilterra, Stati Uniti. Purtroppo in Italia siamo carenti di documentazione data la relativa giovinezza della nostra Patria unita.
Fortunatamente da una quindicina d’anni, storici e ricercatori italiani, stanno scoprendo molti documenti presso vecchi cantieri o arsenali austro-ungarici, genovesi, livomesi, napoletani. E’ risaputo l’impegno della nostra Maria Lucia De Nicolò, ma anche del riccionese Stefano Medas e del triestino Mario Marzari; ma ve ne sono anche altri che pubblicano libri o riedizioni di manuali di costruzioni d’epoca”.
Giuseppe Marcucci ci introduce nei problemi del modellista. “Ogni volta, prima di passare alla costruzione, è necessario trovare una valida documentazione storica relativa alla costruzione navale di quel periodo, e se poi si riuscisse a trovare una relazione scritta specifica di quella nave si è a buon punto per dare inizio alla costruzione. Ovviamente non si può essere pressappochisti: materiali, misure… tutto deve essere rigorosamente come l’originale dell’epoca. Altrimenti non ha senso; sarebbe come barare al solitario… Il concetto di fondo della costruzione è che alla fine l’oggetto deve essere vero, reale, ridotto in scala ma reale.Deve essere ricostruito rispettando tutte le caratteristiche.E’ questione di fedeltà riproduttiva, altrimenti si realizza un falso”.E’ un fiume in piena Giuseppe nel suo raccontarsi, anzi un mare in burrasca, soprattutto quando comincia a parlare della Victory, la nave di Horatio Nelson (1805), che rappresenta un po’ la ‘tesi di laurea’ per ogni grande modellista.
“Quando nel lontano’79 incominciai a disegnare e poi costruire la mia Victory, feci una scommessa con me stesso: sarei riuscito a costruirla esattamente o più veritiera possibile. Mi sono avvalso della relazione tecnica di Nepean Longridge, che oltre alla realizzazione del modello reale del Victory, conservato presso lo Science Museum di Kensigton a Londra, contribui, dopo il secondo conflitto mondiale, a restaurare la vera Victory a Portsmouth, usando i disegni dell’ammiragliato (E. Bownwss) e una edizione per ricercatori del Conway e Son di John McKay. C’è un altro pericolo per il modellista: la fretta di finire. E’ il nemico più temibile. Ci vuole una scrupolosa ricerca, una sufficiente manualità, fantasia tecnologica, costanza e tanta pazienza”. Giuseppe Marcucci mi confida che nelle varie fasi della sua costruzione, ‘rivive’ e immagina i momenti storici della costruzione della nave, delle centinaia di persone coinvolte in mille mestieri, i maestri d’ascia, i carpentieri, i … La mente vola e sogna… In questo periodo Giuseppe è impegnato nel disegno di un tipico trabaccolo romagnolo da trasporto degli anni ’20.
“Gli voglio mettere norne ‘AI Bison’ – dice – l’era al nom dal mi Ba”.
Tratto da “La Piazza di Rimini”