Lo dicono documenti storici, 2 leggende e misteriosi sassi. Da secoli su alcune spiagge tra Romagna e Marche, pescatori e turisti vanno a caccia di pietre che somigliano a parti di statue o di mura.
Il braccio di una statua, un Capitello, uno stemma gentilizio: tra le increspature dell’acqua, confuse tra sassi su per giù dello stesso colore, si trovano pietre che hanno tutto l’aspetto di resti archeologici. E ciò che rimane di un’antica città, oggi sott’acqua? Qualcuno l’ha già chiamata “L’Atlantide adriatica”.
- Ostriche e torri
Il luogo del mistero è il litorale davanti al promontorio di Gabicce Monte, poco distante da Cattolica, al confine tra Romagna e Marche. Qui, da secoli, pescatori e turisti saccheggiano la battigia alla ricerca di sassi che sembrano parti di statue. E c’è chi giura di aver visto, immergendosi in questo braccio di mare, i resti di strade e di torri oggi sommersi.
In realtà, fin dal Cinquecento, nella vicinissima Cattolica si tramanda la leggenda dell’antica città sommersa di Conca, detta appunto “città profondata” (così scrivevano gli storici dell’epoca), per ben 3 secoli disegnata sulle mappe della Costa romagnola e situata proprio al largo di Cattolica.
Leggenda alimentata ancor oggi in gran parte proprio dai sassi a forma di statua, che però si trovano circa 2,5 km più a sud del luogo in cui, secondo la tradizione, sarebbe sorta la città. In realtà, nel punto segnato dalle carte non poteva trovarsi alcun insediamento umano, per il semplice fatto che in epoca storica, ma anche prima, davanti all’odierna Cattolica c’era già il mare. E in tutti questi secoli la costa non ha fatto che avanzare. Un’eventuale città perduta romana o bizantina oggi si troverebbe quindi nell’entroterra e non certo in mare, non potrebbe in alcun caso essere sprofondata e poi ricoperta dalle onde, spiega Paolo Colantoni, geologo marino e docente di Sedimentologia all’Università di Urbino. La leggenda della città di Conca, infatti, è probabilmente nata da un errore di trascrizione e da un successivo errore di interpretazione compiuto dagli storici tra Medioevo e Rinascimento.
<< Non per questo alcune testimonianze di antichi viaggiatori che affermano di aver visto resti di mura o torri sommerse sono inattendibili: Raffaele Adimari nel 1610 riferisce di essere andato in barca insieme a pescatori di ostriche che, con i pregiati molluschi, tirarono su dall’acqua un “quadrello” di una torre, cioè una pietra sagomata in modo inconfondibile e usata nelle fortificazioni >> chiarisce Maria Lucia De Nicolò, storica dell’Università di Bologna che si è occupata proprio di questa leggenda. << Adimari è attendibile, ma quello che probabilmente ha visto sono i resti di strutture portuali quattro-cinquecentesche oggi sommerse che forse si trovavano nella zona detta “Punta della valle”, l’unico tratto del litorale di Cattolica che, anziché avanzare, negli ultimi secoli ha “perso terreno”, lasciando spazio al mare >>.
- Un tempio sprofondato?
Ma questa spiegazione non basta a chi crede nella leggenda. Tanto che si cerca, poco distante, un’altra possibile città sommersa dal mare. Qualche chilometro più a sud, infatti, in corrispondenza con una piccola valle, la Vallugola, poco distante da Gabicce Monte, alcune fonti settecentesche (quindi piùttosto tarde) collocano una città, Valbruna, di cui oggi non c’è più traccia. Anch’essa sarebbe quindi sprofondata in mare. Ed e proprio nella zona di Vallugola che si trova la maggior parte delle pietre dall’aspetto di reperti archeologici. Sul promontorio di Gabicce è stato trovato anche un cippo dedicato a Giove Sereno, protettore della navigazione: ciò che rimane di un tempio? << In quest’area il mare erode continuamente la costa. In epoca romana la linea di riva si trovava 500 metri al largo e il livello medio dell’Adriatico era di 2 metri più basso. Si tratta di una falesia, cioè una Costa alta e rocciosa, continuamente fatta crollare dall’erosione delle acque marine >> afferma Colantoni.
- Formazioni naturali?
I frequenti crolli del promontorio. letteralmente “mangiato dal mare nel corso dei secoli, da una parte alimentano la leggenda di una città perduta che si trovasse proprio in quel punto (un insediamento romano o posteriore potrebbe quindi essere franato nell’Adriatico) ma dall’altra inducono i geologi a spiegare le osservazioni di pescatori e turisti con argomenti scientifici. << Io stesso mi sono immerso più volte in quelle acque >> racconta ancora Colantoni << quello che si vede sono solo testate di strato, cioè resti di rocce più resistenti all’erosione e praticamente verticali che possono sembrare i muri che fiancheggiano strade, tutte diritte e parallele. Quanto ai cogoli, vale a dire i blocchi di arenaria dalle forme stravaganti spesso scambiati per capitelli o colonne, si tratta di formazioni naturali, che si aggregano per scambi chimici durante la cementazione delle rocce, come fossero noduli all’interno di strati sabbiosi. Quando Il promontorio frana, questi blocchi, più compatti e pesanti, rimangono ai suoi piedi, mentre le ghiaie fini e le sabbie vengono portate dalle correnti verso nord, e fanno crescere il litorale di Cattolica >>. Nessuna traccia quindi della fantomatica Valbruna.
- Pietra, statua… e ritorno
Nella leggenda delle città sommerse non c’è dunque niente di vero? << A mio parere storici e geologi si sono fin troppo, anche se giustamente, impegnati a smentire l’esistenza di una città sottomarina. La “città profondata” non c’è mai stata, ma la leggenda potrebbe comunque avere un fondamento di verità >> fa notare Maria Lucia De Nicolò. Un viaggiatore veneziano, Bernardino Fontana, che molto probabilmente non conosceva altri resoconti su Conca,nel 1550 ha lasciato scritta una frase sibillina: “La Cattolica è un passo, e fu già gran loco… ma inghiottita dalla terra e sommersa d’acqua che occultamente gli era di sotto, ora è niente”. Parla quindi di “un centro importante” presso Cattolica sommerso da acque che potrebbero essere acque fluviali o di falda. << Non è da escludere che in un luogo attraversato da ben 5 corsi d’acqua, com’è la piana di Cattolica, in epoca altomedievale o romana siano avvenute alluvioni e sconvolgimenti tali da seppellire un insediamento abbastanza importante, anche se non una vera e propria città.
È solo un’ipotesi, visto che non ci sono reperti archeologici che possano confermarla. Resta però un fatto: fino al 400 d.C. il territorio di Cattolica aveva una grande importanza: era un porto per il commercio del vino, c’erano alberghi in grado di ospitare personaggi illustri ecc. Poi, benché il territono non sia stato mai del tutto abbandonato, per molti secoli non è più stato un centro importante, fino al 1271, anno della fondazione di Cattolica >> aggiunge la storica.
La città perduta sarebbe quindi da cercare sottoterra, non in mare. E i sassi dalle forme “di statua”? Ai sostenitori della leggenda resta comunque un appiglio: fin dalle epoche antiche i cogoli furono usati come materiali da costruzione. I sassi “strani” trovati dai pescatori sono quindi pietre che somigliano a capitelli, o capitelli che erosi dal mare sono tornati a somigliare a pietre? Chi vuol continuare a credere… lo può fare.
Enrico Cappelletti e Raffaella Procenzano
Articolo tratto da Focus Febbraio 2005