GUIDO CAGNACCI – VITA E OPERE NELLA VALCONCA
Nasce a S. Arcangelo il 13-01-1601, da un padre dipendente comunale e dalla madre Livia Serra da Cesena, ha 2 sorelle. La famiglia è benestante.
Già da piccolo si fa ammirare per la sua predisposizione alla pittura; passano gli anni e si trasferisce con la famiglia a Rimini, ma la voglia di viaggiare e di rendersi indipendente era tanta, così compì il suo primo viaggio a Bologna dove visse con Leoni, e dove impara l’arte dei Carracci (2 fratelli, un cugino, sono esponenti dell arte classicista).
Da Bologna decide di andare a Roma, città fiorente d’arte e soprattutto di pitture, poi torna a casa ma tra il 1621 ed il 1622 decide di ripartire per Roma, come attestato da un documento nella parrocchia di S. Lorenzo in Lucina, abita in strada Paolina, attuale via del Babbuino, dove condivide l’appartamento con Guercino, partito su commissione del Papa bolognese Gregorio xv, con loro abitano anche Croce e Gennai.
Qui proprio Guido apprende il naturalismo Caravaggesco ed anche degli spunti da quadri di Vouet.
Torna a Rimini dove fa una promessa scritta di matrimonio con la Contessa Teodora Stivavi, appena vedova, tutto questo avvenne di nascosto, perché i matrimoni tra ceti diversi a quell’epoca non erano ammessi; furono scoperti e lui si rifugiò nella chiesa di S. Giovanni Battista mentre lei fu rinchiusa nel convento delle convertite e processata dalla congregazione dei vescovi.
Cagnacci per molti anni cercò di far valere questa promessa senza mai riuscirci.
Da qui si apre un momento dove lui inizia a viaggiare per l’Italia, infatti dopo il 1637 Guido torna a Bologna, poi va a Forlì a decorare la cappella della Madonna del Fuoco, parte per Venezia dove si stabilisce nella parrocchia di S Giovanni Crisostomo, e lavora sotto il falso nome di Ubaldo Canlassi, si specializza in pitture di soggetto profano e per lo più da muro con soggetti femminili poco vestiti, spesso eroine dell’ antichità come Lucrezia e Cleopatra.
Nel 1659 viene chiamato da Leopoldo D’Asburgo alla sua corte a Vienna. Qui gli vengono commissionati molte pitture ma soprattutto un ritratto di Leopoldo D’Asburgo, nel quale si possono ammirare le tendenze realiste e fiamminghe forse apprese nel suo soggiorno a Vienna.
Il filo conduttore ed ispiratore della sua vita furono le sue donne. Muore nel 1663 a Vienna.
S.SISTO PAPA
Il dipinto fu scoperto da Pasini nel 1965 nella chiesa di S. Maria della pace di Montepetrino. Il dipinto è chiamato in questo modo perché un iscrizione posta all’altezza del viso del santo (S.sistus ecclesia) cita il suo nome con la sua carica ed anche per i vestiti che porta.
L’ esecuzione dell’opera è datata intorno al 1627.
In questa opera è presenta la fusione tra il naturalismo caravaggesco ed il gusto accademico bolognese.
Contiene un unica figura caratterizzata da un estremo senso di verità, tanto che il suo vecchio viso modellato dalla luce sembra un vero ritratto.
Sorprendente per la sua verità è anche il paesaggio che fa da sfondo alla figura, lontano, appena accennato contro una striscia di mare caldo, sotto la caligine polverosa di un cielo affocato che si apre appena per permettere all’eterno di affacciarsi ad accogliere la preghiera d’intercessione del Santo.
Il giovane pittore ha voluto conferire concretezza anche ai particolari secondari, dal pizzo del camice al muro in rovina con una lumaca fra i mattoni sconnessi, fino al nimbo che sovrasta la testa calva del santo, mutato da immateriale alone luminoso in una solida verghetta d’ottone.
Vivi ancora in lui i principi della pittura Bolognese, ricerca degli “affetti” tipico del linguaggio Caravaggeso Romano; entrambi fusi con coerenza nell’opera.
Tutto il dipinto rivela un forte e moderno impegno di indagine naturalistica indirizzata alla rivelazione di un’umanità nobile e religiosa.
PROCESSIONE DEL SANTISSIMO SACRAMENTO
Quest’ opera è contenuta nel Museo del Beato Amato di Saludecio, il dipinto è stato commissionato dalla compagnia del Santissimo Sacramento (gruppo di persone che svolgevano opere di carità e assistenza).
Il dipinto probabilmente raffigura la processione svoltasi a Saludecio in occasione del passaggio nel 1507 di Papa Giulio Secondo, partito da Bologna per Roma.
Lo dimostra il papa al centro del dipinto con la tiara bianca (cappello dalla punta arrotondata) tenuta in mano da un religioso un po’ più avanti.
Il papa sostiene l’ostensorio (vaso sacro) coperto da un velo per mostrare a tutti il Santissimo Sacramento.
Vi sono molti ordini religiosi come il Papa con il Piviale, il Diacono con una Dalmatica marrone con una tonaca bianca ed i chierici che indossano cotte bianche pieghettate su tonache nere; sono presenti anche 2 fratelli della compagnia del S.S Sacramento con abiti neri che sorreggono il baldacchino.
In primo piano è presente un Cavaliere di Malta che veste un sontuoso abito nero di velluto, su cui risalta la bianca croce di Malta e l’elsa della spada; inginocchiato con una mano sul petto, rende omaggio al passaggio del S.S Sacramento.
LA MADONNA CON IL BAMBINO ED I SANTI ROCCO E GIACINTO
Sotto al pennello del Cagnacci vi sono figure tanto care alla devozione popolare, avevano preso atteggiamenti nuovi e la composizione si era completamente “rivoluzionata”: il gruppo divino campeggiava sempre al centro del quadro, come richiesto, ma ora appariva piccolo e lontano fra le nubi, mentre sotto di lui i santi si agitavano per mostrare le loro piaghe, i loro sentimenti con una nuova vivacità e con un’eloquenza perfino eccessiva.
Immagini idealizzate ma alla Bolognese, dipinte con colori chiaroscuri ben più concrete di quelle antiche che già decoravano l’abside della chiesetta.
Il dipinto è diviso in 2, la parte superiore dove si trovano la madonna con il bambino in questa nuvola che penetra dal cielo che rende la prospettiva con il chiaroscuro. Nella seconda parte ci sono S. Sebastiano riconoscibile dalle catene e dalle frecce, S. Rocco con il bastone da pellegrino ed il bubbone della peste con il cane che lo affianca, infine abbiamo S. Giacinto vestito di bianco e nero, fa parte dell’ordine dei dominicani.
In tutto il dipinto c’è un grandissimo contrasto di luce e ombra, non vi è l’idealizzazione nel disegnare ma si serve sempre dello stesso modello, Giovanna di Serravalle.
GUIDO CAGNACCI – PITTURA RIMINESE DEL 1600
MADONNA CON BAMBINO E SANTI CARMELITANI
Chiesa di S. Giovanni Battista – olio su tela
La data dell’ opera è incerta, ma si deduce grazie alla presenza di sant’ Andrea Corsini che venne canonizzato nel 1629 e compare nel quadro inginocchiato davanti alla Madonna con attributi episcopali. Il quadro fu commissionato dai Carmelitani che ressero la chiesa dal 1573 al 1797. i personaggi raffigurati sono la Santa Spagnola Teresa d’ Avila ripresa nel momento preciso della trasverbazione a opera di un dardo infuocato scoccato da un angelo, simbolo dell’ Amore Divino. La rappresentazione della Santa è un misto fra Sacro e profano, infatti la visione mistica è molto carnale e seducente. Sulla destra compare Maria Maddalena dé Pazzi che regge in mano il pane simbolo dell’ eucaristia impartita alla Santa da Cristo, durante una visione mistica, un altro simbolo è la corona di spine che significa la condivisione della Passione di Cristo. Questo quadro ci indica la cultura naturalistica caraveggesca del Cagnacci, per i colori scuri, il modo realistico nel rappresentare i personaggi e far percepire i loro sentimenti attraverso le espressioni e i gesti.
SANT’ ANTONIO ABATE FRA DUE SANTI
Museo della città di Rimini – olio su tela
Eseguita da Cagnacci tra il 1630 e 1640, la tela rappresenta al centro Sant’ Antonio Abate, a destra S. Giuliano e a sinistra San Pantaleone. Il primo è riconoscibile dal fuoco, dalla campana e dal maiale, San Giuliano dalla spada e dal cane, il santo a sinistra non è certo che si tratti di Pantaleone, che era un medico, ma curava le emicranie e non i malati di ernia, invece qui lo troviamo rappresentato con un libro in mano e il cinto erniario a terra. In questo quadro è evidente l’ influenza del Caravaggio, che Cagnacci conobbe a Roma, nei colori scuri, dallo sfondo nero, dal grande naturalismo in cui vengono rappresentati gli oggetti. Il grande fascino proviene inoltre dallo sguardo magnetico di Sant’Antonio e dalla luce proveniente da sinistra che conferisce volumetria alle figure e rende cangiante il bianco, caldi i rosso e i bruni, dorati i gialli.
LA VOCAZIONE DI SAN MATTEO
Museo della città di Rimini – olio su tela – provenienza Chiesa di San Matteo
Il quadro rappresenta Matteo, gabelliere a Cafarnao, folgorato dall’ apparizione di Cristo.
L’ esattore lascia immediatamente tutto per seguire il salvatore.
Molto particolareggiate le vesti, così preziose e ricamate quelle di Matteo, altrettanto semplici e dai lineamenti morbidi quelle di Gesù.
La luce proviene da in alto a sinistra dando volume ai corpi, che risaltano anche grazie allo sfondo nero.
Questa tela era la pale d’ altare della Chiesa di San Matteo posta al di sopra dell’ altare principale.
I simboli di Matteo sono il libro, la Bibbia, l’ angelo e il più importante fra tutti i suoi attributi è la borsa colma di monete.
CLEOPATRA
Museo della città di Rimini – olio su tela
Dipinta nel 1640 circa si tratta di un dipinto che rappresenta Cleopatra che si suicida con il morso di un aspide, la donna è rappresentata a mezza figura.
I colori usati sono principalmente scuri, lo sfondo è di un grigio indeterminato in cui si staglia il viso di Cleopatra, rivolto verso l’ alto e inclinato verso destra che viene invaso sa una luce zenitale che le lascia in ombra metà viso.
Intensa e disperata è l’ espressione della suicida, bellissima e realistica la veste bianca. Probabilmente la donna ritratta è Giovanna, la ragazza che seguiva Cagnacci e che lui ritrarrà per molti anni.
RITRATTO DI GIOVANE FRATE
Museo della città di Rimini – olio su tela
Questo quadro ritrae il giovane frate medico che durante gli anni subì numerosi cambiamenti.
Dietro le sue spalle si trovano pesanti libri di carattere religioso, mentre precedentemente trattavano temi scientifici, inoltre in alto a sinistra appariva il nome del religioso.
L’ uomo di raffinata bellezza, dipinto di scorcio, guarda lo spettatore con intensità, inoltre le mani sono di un incarnato molto chiaro che richiama l’ attenzione e qui troviamo un teschio con la scritta MEMENTO, cioè meditazione alla morte e strumenti chirurgici.
Oltre ad essere monaco l’ uomo è anche abate perché sul saio si trova un pallio bianco con croci nere.