Impressionano i versi del poeta Girolamo Baruffaldi che, di passaggio per alcuni giorni a Cattolica, se ne fece una pessima impressione.
Fortunatamente siamo nel lontano 1700, altrimenti, visto con gli occhi di oggi, oltre ad una cattiva reputazione per Cattolica e per i cattolichini, si parlerebbe di disastrosa immagine turistica.
Ma chi era Girolamo Baruffaldi?
Nato a Ferrara nel 1675, morì a Cento (Fe) nel 1755. Poeta e letterato di un certo peso in quegli anni, anche se di calibro non eccelso nel panorama letterario nazionale. Tra le sue opere storiche ed erudite, importanti la Dissertatio de poetis ferrariensibus (1698) e le Vite dei pittori e scultori ferraresi (pubblicate postume nel 1844-46).
Come poeta è autore “scarsamente ispirato” di poemi giocosi (Il grillo, 1738), poemetti didascalici (Il canapaio, 1741), liriche (Canzoni anacreontiche, 1743), e ditirambi: questi ultimi furono raccolti in 3 volumi col titolo di Baccanali (edizione parziale, 1722 – edizione completa postuma nel 1758) e comprendono il celebre componimento La tabaccheide (pubblicato già a sé nel 1714), satira dei costumi settecenteschi che fornì anche qualche spunto a Giuseppe Parini.
Sicché per reficiarsi la bucolica
gli convenne far alto alla Cattolica.
Terra deserta, stanza d’impiccati,
nido di mostri, stalla di giumenti
vera prigion da castigar gl’ingrati
porcile d’animai sozzi e fetenti;
ghetto d’Ebrei, sentina d’appestati
galera et arsenal de’ malcontenti
gente di faccia rustica e di tratto,
questo della Cattolica è il ritratto.