Salvataggio di dieci ragazzi

“E’ successo nell’estate del 1964, in agosto, me aveva un cutter cal purteva a spas la genta. Improvvisamente l’è nu in tera fiurien. Avevo diversi bagnent tedesch a bordi.Mentre mi apprestavo a fare ritorno in terra ho vest du batel che iera un po’al lergh. Allora a sin andè renta per avisè dandè in tera che al ven al temp cativ. Non mi hanno ascoltato. Iera tot marinaret, burdel che iaveva 10-15 an. Il comandante, al paron sa tre gred di tenente di vascello diceva ‘mantenete la rotta!’. Allora noi abbiamo continuato il viaggio per portare a terra i bagnanti. Lè mer gros e sti tedesch i monta come i mat. All’inizio a punt drenta al port, poi penso di dirigermi su un pezzo di scogliera per portarli lì. Ma vedo che chi burdel imbarcano acqua da tutte le parti. Si era alzato il mare e dimostravano ch’in capiva gnint. Era nornale che con quel mare grosso i duveva stè in pupa, invece i steva pir traverse i scargheva l’acqua si brech, col rischio di ribaltarsi e affondare. Siamo andati subito oltre per aiutarli. Avevo pronto i salvagenti. Am so but tlacqua si salvagent e appena andavano sotto glieli mettevo addosso a quei ragazzi. Poi sono montato a bordi dal batel, parchè al cmandent al pigniva, an cumbiniva gnint, al pigniva sno. Una volta a bordi lo fatto scendere. Un battello era già andato a fondo. Ma i ragazzi li avevo già salvati mettendogli addosso il salvagente. L’altro battello col comandante era come inancorato perchè era legato a quello affondato e al steva prova mer. Salvato i ragazzi ho pensato subito da mulè la cima parchè l’er ligheda t’la piombatura. Mi sono buttato in acqua,ho slegato le cime e sono ritornato su. 0 ciap i rem, ho mes in puppa svelt svelt e mi sono diretto verso il pezzo di scogliera nella zona delle colonie. Una volta arrivato sono venuti fuori tutti i bagnini di salvataggio, ‘Braciaroli’ ‘ Mario Parma e tutti gli altri ragazzi. A questo punto sono ritornato nuotando sul mio cutter. A bordo c’era un bravo marinaio, Dino De Nicolò (Pirol), ma c’erano anche i tedeschi chi scatnaceva un po’. Sono passato vicino al comandante dei due battelli, e a io det tut i nom. Lui mi ha supplicato: ‘non farmi del male’. Gli ho risposto: a t’aveva avisé tent ben da ni in tera… Non gli ho fatto niente. Mio nipote, Mario Prioli, mi diceva di denunciarlo. Io potevo andare alla Capitaneria di Porto e raccontare l’accaduto per denunciare le responsabilità, soprattutto per la presenza a bordi a tut chi burdel. Ma sono stato zitto per non rovinarlo.Quei bambini erano tutti di Bologna e venivano da Pesaro per andare a Portoverde, allora in costruzione. Forse era un gruppo di una colonia, una barca-scuola, i cosiddetti delfini o pinguini, che nonostante fossero vestiti da militari, iera sno camiffied. Dopo ho mandato a prendere i salvagenti. E’ andato mio nipote Mario Prioli, perchè non volevo più vedere quell’incosciente. Quei ragazzi che avevo salvato mi volevano vedere per ringraziarmi. Ma io non ho voluto sapere più niente. Ero troppo arrabbiato per quel comportamento irresponsabile. Oggi, dopo tanto tempo, mi piacerebbe che questo articolo lo leggesse uno di quei ragazzi”.

di Alberto Prioli

 

Tratto da “La Piazza di Rimini” – Giornale di Cattolica
(Foto – Archivio fotografico Centro Culturale Polivalente di Cattolica)

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